Dal liberalismo al liberismo


Si riproducono qui 55 articoli di una duplice serie scritta in collaborazione con Giorgio Rampa come apparsi originariamente sul settimanale Azione tra il 12 ottobre 1995 e il 14 gennaio 1999, prima di essere stati raccolti in volume per le edizioni Giappichelli dal titolo Dal liberalismo al liberismo. Stato e mercato nella storia delle idee e nell’analisi degli economisti (Torino, prima edizione 1998, seconda edizione 2000). I files sono in formato Djvu, e per essere visualizzati richiedono l’installazione di un plug-in (avvertenza per mac OS)




Prima serie


1. Dal liberalismo al liberismo (D. Besomi e G. Rampa)

Introduzione a una serie di articoli nei quali saranno esaminate, nel loro sviluppo storico, le idee economiche relative al rapporto tra azioni individuali e ordinamento sociale, e la portata di queste concezioni teoriche sulla politica economica.

2. Storie di pane e marmellata (ovvero sui rapporti tra economia politica e politica economica) (D. Besomi e G. Rampa)

Benché il termine «Politica Economica» sia entrato nel gergo degli economisti e dej politici solo in questo secolo, per denqtare la disciplina specifica che studia le modalità dell'intervento pubblico nel campo degli affari, tutta la storia del pensiero economico ruota attorno al problema dell'opportunità di tale intervento.

3. I mercantilisti tra protezionismo e libertà economica (D. Besomi)

Alcuni principi del liberalismo economico si affermarono già in epoca mercantile, ma senza una piena fede nel potere equilibrante del meccanismo dei prezzi.

4. Mandeville : vizi privati e pubblici benefici (D. Besomi)

Nella Favola delle api troviamo espressa in modo radicale l'opinione secondo cui è l'interesse personale a guidare l'azione economica e a rendere possibile il pubblico beneficio. Ma perché ciò avvenga, occorre che l’interesse privato sia opportunamente incanalato.

5. Il giusnaturalismo, e l’Ordre Naturel dei fisiocratici (D. Besomi)

Nel sei e settecento, la nozione di Legge Naturale ha permesso di costituire un quadro di riferimento ideale per una concezione dell'ordine sociale che garantisse agli uomini di poter perseguire i propri interessi. Dopo la metà del settecento, una rappresentazione dell'Ordine Naturale era costituita dal tableau économique dei fisiocratici.

6. Dal selvaggio alla società civile: l'analisi di Jacques Turgot (D. Besomi)

Gli economisti classici dapprima, e i neoclassici poi, hanno spesso trovato conveniente raffigurare i rapporti economici a partire dall'immagine di Robinson Crusoe sull'isola deserta. Questa rappresentazione non è però priva di difficoltà logiche.

7. Adam Smith e il laissez-faire (D. Besomi)

Adam Smith è stato tra i primi propugnatori del laissez -faire. Questa sua attitudine, considerata nel contesto storico di un'epoca in cui il protezionismo privilegiava una ristretta minoranza della popolazione, acquisisce
comunque una valenza ben diversa da quella attribuitagli dai liberisti contemporanei.

8. La mano invisibile di Adam Smith (D. Besomi)

La celebre metafora della «mano invisibile», solitamente interpretata come esaltazione dell'armonia tra interessi individuali e beneficio pubblico, denuncia invece implicitamente i limiti dell'individualismo.

9. Bentham: l'utilitarismo e la componente economica della legislazione (D. Besomi)

Il calcolo dell'utilità applicato all'intervento governativo ha portato Bentham a propendere per il laissez-faire in campo puramente economico, ma a smussare questa conclusione quando confrontato a considerazioni più generali sul ruolo del potere pubblico.

10. L'illuminismo scozzese e la nascita delle scienze sociali (D. Besomi)

Gli esponenti dell' illuminismo scozzese, elabqrando il tema comune delle caratteristiche della natura umana, contribuirono in modo decisivo alla nascita dell'economia politica come scienza

11. Le leggi sui poveri (D. Besomi)

Le leggi sui poveri costituiscono uno dei primi esempi di legislazione sociale dell'epoca moderna, e hanno fornito un banco di prova per il confronto tra le posizioni abolizioniste radicali degli economisti e quelle più moderate degli amministratori familiari con la condizione effettiva dei poveri.

12. Karl Marx: il punto di vista della totalità (D. Besomi)

La nostra esplorazione del rapporto fra il pensiero degli economisti e le politiche economiche procede con il confronto tra la visione «globale» di Marx e l'individualismo metodologico degli economisti classici. Questo cambiamento di prospettiva ha permesso a Marx di indagare fenomeni quali la crisi, che la «mano invisibile” invece escluderebbe

13. Carey , Bastiat e le armonie dell'economia (D. Besomi)

Mentre in Inghilterra gli economisti erano cauti nell'avversare eventuali interventi statali nell'economia, negli Stati Uniti e in Francia Carey e Bastiat sostenevano fermamente forme estreme di laissez faire .

14. L'economia politica classica e il Laissez faire (D. Besomi)

Tra economisti e laissez -faire sin dall'inizio è sempre esistito un matrimonio di convenienza che gli economisti tradivano abbastanza liberamente in quanto riconoscevano allo Stato diversi legittimi ambiti di intervento, legati in particolare alla funzione di protezione dei cittadini e dell'interesse pubblico.

15. Léon Walras: scelte, mercato, concorrenza (di G. Rampa)

Con Léon Walras, che è uno degli padri della «rivoluzione marginalista», ha inizio l'impiego sistematico dei metodi matematici nell'Economia Politica. L'obiettivo era di mostrare con il massimo rigore come dalla libera scelta dei consumatori risulti un equilibrio economico generale. Ma vedremo con i prossimi due articoli della nostra indagine sul liberalismo economico come gli epigoni interpretarono questa conclusione nel senso della bontà del sistema di mercato.

16. Vilfredo Pareto: azioni economiche, efficienza e benessere (di G. Rampa)

Continuatore dell'opera di Walras, Pareto riesce a precisare in maniera più soddisfacente del suo predecessore il concetto di "gusti del consumatore"; sulla base di tale concetto, perviene a dare una definizione rigorosa, benché limitata, dell'efficienza che risulta da un'economia di mercato in concorrenza perfetta. Nel prossimo articolo di questa serie sulliberalismo economico vedremo come le basi poste da Walras a Pareto furono sviluppate in senso matematico, limitando però nel contempo la capacità interpretativa su cui si fonda il liberismo contemporaneo

17. Liberismo e scuola walrasiana: precisione formale, povertà interpretativa (di G. Rampa)

La scuola dell'equilibrio generale crebbe in Europa sino ai primi anni '20 di questo secolo; ci fu poi uno spostamento di uomini e idee oltreoceano. Qui la teoria venne enormemente sviluppata dal punto di vista matematico: l'enunciazione delle ipotesi sotto cui sono validi i suoi principali risultati (esistenza e ottimalità di un equilibrio generale competitivo) divenne sempre più precisa, ma la sua limitata capacità interpretativa venne chiaramente messa in luce. Eppure si tratta dell'unico fondamento formalmente rigoroso del moderno liberismo in economia.

18. I «fallimenti del mercato» secondo la teoria neoclassica. l - Monopolio e oligopolio (di G. Rampa)

Nei precedenti articoli di questa serie, abbiamo esaminato i fondamenti teorici della teoria neoclassica dei mercati concorrenziali in equilibrio. Questa ha raggiunto negli anni '50 alcuni risultati teorici che sembrano avvalorare la visione liberista, vale a dire l'idea secondo cui i liberi mercati lasciati a se stessi producono risultati ottimali. Ma è proprio dalla riflessione dei più avveduti economisti neoclassici che emergono serie difficoltà per la visione liberista: si parla infatti di «fallimenti del mercato» per indicare situazioni tipiche ed ineliminabili che sono di ostacolo all'efficienza economica.

19. I «fallimenti del mercato» secondo la teoria neoclassica. II - Esternalità, informazione asimmetrica, beni pubblici (di G. Rampa)

In questo articolo proseguiamo la rassegna di alcuni fenomeni, per nulla eccezionali, che limitano fortemente le proprietà di efficienza e ottimalità che una certa tradizione neoclassica vorrebbe attribuire alle economie di mercato.

20. La Scuola di Manchester : il libero scambio nell'epoca classica del liberalismo economico (D. Besomi)

Il movimento a favore del libero scambio alla metà dell'ottocento era motivato da esigenze molto diverse e a volte anche contraddittorie. Gli economisti assumevano invece posizioni più prudenti

21. Espansionismo e «Treasury View » (D. Besomi)

L'opposizione del Tesoro britannico alle politiche espansionistiche degli anni venti e trenta è diventato sinonimo delle resistenze dogmatiche all'intervento statale. In realtà, vi erano anche ragioni pragmatiche per questo rifiuto; ma la componente teorica del «punto di vista del Tesoro» è stata recentemente riesumata dalle nuove correnti liberiste

22. La London School of Economics, bastione teorico del non interventismo britannico (D. Besomi)

Negli anni trenta, la London School of Economics ospitava gli economisti più radicalmente avversi alle politiche espansive e (più tardi) al keynesismo.

23. Il New Deal (D. Besomi)

Il «Nuovo Corso» inaugurato da Roosevelt come risposta alla crisi del 1929 fu un esperimento senza precedenti: per la prima volta si vide un governo intervenire tanto profondamente in campo economico e sociale.

24. La scuola di Chicago negli anni Trenta (D. Besomi)

I primi rappresentanti della scuola di Chicago , nonostante professassero in generale una marcata avversione all'intervento statale in economia, durante la depressione dei primi anni trenta propagandarono l'idea di una finanza pubblica attiva che compensasse gli squilibri causati dal ciclo economico.

25. Disoccupazione e politica monetaria: il New Fabian Research Bureau (D. Besomi)

Nei primi anni Trenta i dibattiti sulla risposta alla crisi economica e alla disoccupazione si infittiscono. Attendendo una giustificazione teorica della spesa pubblica, i giovani ricercatori del New Fabian Research Bureau riflettono sulle politiche bancarie e sul livello dei prezzi.

26. Maynard Keynes: un liberale contro il laissez-faire (D. Besomi)

A partire dal primo dopoguerra, Keynes ha esercitato una profonda influenza sull'attitudine riguardo al governo dell'economia, sia scrivendo pamphlets e intervenendo sulla stampa che prendendo parte a comitati governativi. In questo articolo si esamineranno le premesse politiche e filosofiche delle proposte keynesiane.

27. Keynes e la politica economica (D. Besomi)

Le opere teoriche di Keynes hanno fornito una giustificazione razionale alle politiche\monetarie e di spesa pubblica per la stabilizzazione dell'economica che fino agli anni Venti erano state messe in opera solo sulla base di un ragionamento intuitivo.

28. Kalecki e gli aspetti politici delle politiche per l'occupazione (D. Besomi)

L'economista polacco Michal Kalecki ha esaminato le conditioni di applicazione degli strumenti che potrebbero permettere di raggiungere la piena occupazione, ma ne ha anche messo in mostra i limiti politici.

29. Il neo-liberalismo, mancata riforma del Iiberalismo (D. Besomi)

Un convegno dedicato alla riforma del liberalismo, tenutosi nel 1938, ha sancito la sconfitta della corrente di pensiero liberai-riformatrice e la predominanza di una concezione tradizionale e conservatrice di liberalismo.

30. ORDO-liberali e l'economia sociale di mercato (D. Besomi)

Proseguendo la nostra serie storico-economica sul ruolo dello Stato in economia, esaminiamo ora come in Germania il movimento di riforma del liberalismo classico abbia perseguito la difesa della giustizia sociale proponendo un intervento statale attivo a stimolo e difesa del funzionamento del mercato.

31. La nascita del Welfare State in Gran Bretagna (D. Besomi)

Il Rapporto Beveridge del 1942, suggerendo l'introduzione di un sistema di assicurazioni sociali e una profonda riforma del sistema dei sussidi contro la povertà e la disoccupazione, dà inizio allo stato sociale in Gran Bretagna

32. La scuola di Chicago 2: Frank Knight e il laissez -faire (D. Besomi)

Frank Knight è stato indicato dagli esponenti più radicali della scuola di Chicago come loro fonte di ispirazione. Ma la sua attitudine nei confronti del laissez -faire è molto più cauta di quella dei suoi successori.

33. Mercato e efficienza: ciò che resta della «mano invisibile» nella modema teoria neoclassica (di G. Rampa)

Spesso si sostiene che la moderna teoria neoclassica dei mercati ha definitivamente dimostrato che la libera attività economica produce necessariamente risultati sociali «ottimali». Una attenta analisi dei risultati dimostra che è ingenua l'idea secondo la quale il mercato produce «il migliore dei mondi possibili». Persino alcuni dei più autorevoli esponenti della teoria neoclassica si rendono conto che questa convinzione non è giustificata.

34. La teoria neoclassica del benessere e dell'intervento pubblico (di G. Rampa)

A partire dai primi anni di questo secolo si sviluppa all'interno della teoria neoclassica, usualmente invocata per sostenere la superiorità del liberismo in economia, un filone che studia gli interventi pubblici necessari per migliorare l'efficienza del sistema. Si tratta di un filone che prospetta ovviamente un tipo di intervento pubblico molto diverso da quello prefigurato da Keynes

35. Un dilemma fra razionalità individuale e benessere collettivo (di G. Rampa)

Uno dei più diffusi argomenti a favore della libera iniziativa come fonte di benessere sociale è che il risultato di azioni che mirano al massimo tornaconto personale non può non massimizzare anche il risultato complessivo. Questa opinione è però smentita in molte circostanze in cui gli operatori economici tengono conto di come agiscono gli altri: in questi casi il risultato complessivo può essere veramente pessimo e occorrono norme che contrastino gli incentivi strettamente privati.

36. Keynesiani e monetaristi: il dibattito macroeconomico sull'intervento pubblico (di G. Rampa)

Poco tempo dopo la pubblicazione della Teoria generale di Keynes le idee dell'economista di Cambridge , cristallizzate in semplici modelli, costituiscono un rinnovato terreno di disputa tra interventisti e fautori del libero mercato. Le alterne vicende del dibattito non paiono indipendenti dagli eventi della storia economica.

37. Commercio estero, circolazione dei fattori e sviluppo economico (di G. Rampa)

Uno dei capisaldi dell'odierna posizione liberista in tema di commercio mondiale è la libera circolazione internazionale dei fattori della produzione. Tuttavia in molte circostanze questa libertà non è attuata, oppure dissimula un processo di specializzazione internazionale in cui in realtà la libertà di movimento non è multilaterale.

38. Movimenti internazionali di capitale e attività speculative (di G. Rampa)

La libera circolazione internazionale dei capitali dovrebbe favorire la diffusione dello sviluppo economico. Tuttavia in molte circostanze questa libertà può contrastare con gli obiettivi del liberismo stesso.

39. La mano invisibile e la selezione naturale (di G. Rampa)

Un diffuso argomento a favore del funzionamento del mercato come promotore di benessere sociale è quello della selezione naturale: poiché solo gli individui più adatti sopravvivono, il sistema economico, popolato da soggetti che puntano al massimo risultato per se stessi, raggiunge tramite il mercato i più alti livelli di efficienza.

40. Cura della disoccupazione: flessibilità. Di che cosa? (di G. Rampa)

Oggi come ieri gli economisti e i politici liberisti attribuiscono l'esistenza di evidenti malfunzionamenti del mercato, in particolare la disoccupazione, agli impedimenti frapposti al libero gioco delle parti da norme statali o da comportamenti non competitivi. Si richiede da più parti che venga ristabilita la flessibilità necessaria al buon funzionamento dell’economia di mercato.

41. Libertà, uguaglianza, efficienza: il contributo di Amartya Sen (di G. Rampa)

Uno degli economisti che ha maggiormente contribuito nei tempi recenti alla riflessione sui nessi fra libertà individuale di scelta, efficienza e uguaglianza socio-economica è Amartya Sen, docente alla Harvard University. Gli studi di Sen, che si estendono anche nel campo della filosofia e dell'etica, sono utili per riflettere criticamente su molte semplificazioni presenti nel dibattito attuale

42. Tasse e incentivi: la supply-side economics (D. Besomi)

L ' «economia dell 'offerta», adottata quale giustificazione della politica economica dall'amministrazione Reagan, si basa su un possente apparato retorico, su una scarsa base teorica, e sul recupero di posizioni pre-keynesiane.

43. Ronald Coase: costi, imprese, mercati (di Giorgio Rampa)

Il posto di Ronald Coase, economista inglese trasferitosi a Chicago negli anni '60, nel pensiero economico moderno è singolare. Pur opponendosi decisamente al metodo formalista e ad alcune
ipotesi basilari della teoria neoclassica, i suoi lavori sono oggi - a distanza dalla loro pubblicazione - tra i più citati in letteratura. Essi costituiscono, tra l'altro, il fondamento di un rinnovato atteggiamento
anti-interventista in economia.

44. «Liberi di scegliere»: Milton Friedman su mercato e stato (di G. Rampa)

Milton Friedman, economista all 'università di Chicago e vincitore del premio Nobel nel 1976, è il fondatore del monetarismo, contrapposto alla scuola keynesiana in campo macroeconomico. Il suo è un contributo non solo teorico, ma anche «politico»: in alcuni lavori diretti al grande pubblico egli passa in rassegna i danni per lui derivanti dall’eccessivo intervento pubblico nell'economia.

45. Lucas e nuova macroeconomia: politica economica come disturbo (di Giorgio Rampa)

Robert Lucas, anch'egli come Friedman economista di Chicago e vincitore di premio Nobel , porta alle estreme conseguenze l'impostazione monetari sta che nega efficacia agli interventi di politica economica. La sua riflessione si situa ad un livello esclusivamente tecnico-formale} dando un'impressione di «neutralità» rispetto ai problemi della politica economica; ma anche restando a questo livello, è istruttivo vagliare le sue ipotesi e il suo ragionamento.

46. Tra stato e mercato: il settore non-profit (di G. Rampa)

Usualmente il dibattito tra liberisti e interventisti in economia offre un quadro in cui gli attori all'opera nel sistema economico sono solo di due tipi: da una parte i soggetti privati, orientati alla massimizzazione del profitto, dall' altra i I settore pubblico che, tramite gli apparati tipici dello stato, interviene autoritativamente per vincolare le scelte private a per agire in modo diretto. Tuttavia non si riconosce la crescente ampiezza del cosiddetto «terzo settore», che opera nel mercato ma senza obiettivi di profitto.

47. Il liberismo, l'economia politica classica e i teoremi dell'economia moderna (di D. Besomi e G. Rampa)

Conclusione sul liberismo e i suoi (presunti) fondamenti teorici e storici.

Seconda serie

I seguenti articoli (Azione, tra il 6 settembre 2000 e il 6 dicembre 2000) continuano la serie precedente, e sono stati integrati nella seconda edizione di D. Besomi e G. Rampa, Dal liberalismo al liberismo. Stato e mercato nella storia delle idee e nell’analisi degli economisti (Torino, Giappichelli, 2000)

Alfred Marshall e la molteplicità del reale (di K. Caldari)

Alfred Marshall avversa l’intervento statale nell'economia a causa dell'influenza di scelte politiche, ma non per questo è un sostenitore acritico del «laissez-faire»

Veblen, Commons e l'istiluzionalismo (D. Besomi)

Enfatizzando il ruolo economico delle consuetudini, del sistema legale, dei gruppi di interesse, e così via, gli istituzionalisti americani hanno messo in questione lo relazione analitico tra stato, mercato e istituzioni.

Il piano liberale per il pieno impiego (D. Besomi)

Pur non essendo in grado di fornire una piena giustificazione teorico per il proprio piano contro lo disoccupazione, fin dagli Anni Venti i liberali britannici hanno propugnato decise politiche di spesa pubblica.

Luigi Einaudi su liberismo, liberalismo e politica sociale (D. Besomi)

Il liberismo di Einaudi lascio ampio spazio od interventi correttivi dello stato, riconoscendo i limiti dello capacitò regolati va del mercato .

Limiti e fallimenti dell'intervento pubblico (G. Rampa)

Gli oppositori dell'intervento pubblico osservano, spesso a ragione, che in molte circostanze l'intervento pubblico non sia motivato da obiettivi di miglioramento effettivo del benessere sociale, ma sia esso stesso fonte di inefficienza. Occorre tuttavia porre su piani diversi l'operato dei singoli governi concreti e il ruolo dello stato in senso più generale: le regole costituzionali che reggono quest' ultimo dovrebbero vincolare l'operato dei governi, così come quello dei mercati, per evitare che il loro comportamento produca effetti perversi.

Il concetto di «sviluppo sostenibile» (G. Rampa)

Alla crescente consapevolezza, nell'opinione pubblica, dei problemi di tipo ambientale fa riscontro, tra gli economisti, la riproposta del dibattito sull'efficacia del mercato di tenere conto di tali problemi.